Ho sempre avuto una passione per la montagna. Fin da piccolo le mie vacanze e le mie gite fuori porta con la famiglia, dopo un breve excursus marittimo, sono state fatte su sentieri che puntavano verso l’alto, alla ricerca di una cima da raggiungere. I miei zii hanno una casa a Vidiciatico, un paese sui nostri appennini bolognesi ed era naturale andare a trovarli quando si aveva un week end libero. I miei primi passi in montagna li ho mossi li, passeggiando trai boschi che costeggiano le cascate del Dardagna vicino madonna dell’acero o sui crinali cosparsi di cespugli di mirtillo al lago Scaffaiolo. Verso i primi anni dell’adolescenza feci un campus con la mia allora squadra di basket ad Alba di Canazei e fu amore a prima vista. Non solo per me, ma per tutta la mia famiglia a cui bastarono quei due viaggi,uno per accompagnarmi e uno venirmi a prendere, per fargli dire “Anche noi”. Fu così che si aprì un lungo periodo di escursioni sulle Dolomiti. Le montagne molto più alte e rocciose incutevano un benevolo timore. Camminavi per ore e quel maledetto rifugio non si avvicinava mai. Da li in poi cime, boschi e pascoli hanno quasi sempre fatto parte dei miei viaggi. Sono cambiate le zone ma la passione per quei luoghi non è mai scemata. Con l’arrivo di Yuki e di Camilla e Anthea poi, ho fortemente riscoperto i nostri appennini. La mia curiosità e interesse scivolarono un po’ alla volta dalle creste seminude delle dolomiti alle rotondità boschive nei nostri appennini. Cambiò anche il mio modo di vivermi l’ambiente. Rallentai i ritmi, un po’ dovuto anche all’età, cominciai a osservare le piante e gli animali. Scorgere di soppiatto un capriolo o un cervo era sempre un tuffo al cuore. Ogni volta che tornavo da un escursione di uno o più giorni mi rimaneva sempre un po’ di malinconia, una voglia di poter stare sempre in quei luoghi magici, di poterci vivere, di svegliarmi ogni mattina con lo sguardo a perdersi tra i boschi di castagno e faggio.

Ahimè però abito in pianura, o meglio campagna, una di quelle campagne non del tutto antropizzate dove qualche scorcio di antica ruralità si può trovare. Per quanto non mi possa lamentare della mia casa, il mio vicino più vicino è a 200 metri da me e la prima strada trafficata ad almeno un kilometro, tutto quel piattume mi sconfortava. Quando qualcuno viene a trovarci e ci sono i campi a riposo senza colture riusciamo a vederlo arrivare a circa un km di distanza da casa. Quando ci chiamano che si sono persi, e capita spesso, riusciamo a dargli indicazioni in tempo reale. “sisi, ti vedo, sei di fianco a un frutteto ora, quando arrivi all’incrocio che hai davanti a te gira a sinistra. Ti ho detto di girare a sinistra, hai girato a destra” e così via. La mancanza di alberi, o meglio di tanti alberi, è un’altra cosa che mi ha sempre un po’ infastidito. Camminare nei boschi lo trovo estremamente rilassante ed averne così pochi intorno mi fa strano. Potrei continuare con mille altre cose che preferisco della montagna che non ci sono in campagna, ma non è questo il punto. Per tanto tempo sono rimasto incastrato nel desiderio dell’altro, del volere altro, in questo caso una casa nei boschi o per lo meno una casa più vicino a quei luoghi, di quella che ritenevo la situazione ideale e di conseguenza mi sono perso quanto possa in realtà essere affascinante anche la campagna.

Questa piccola illuminazione mi è arrivata durante una delle tante passeggiate qui intorno in compagnia dei cani. Era un giorno come un altro. Uno di quei giorni di inizio gennaio, dove il terreno è fangoso, dovuto alle prime nevicate passeggere che cominciano a sciogliersi, e un vento gelido ti entra dentro ogni fessura che i tuoi vestiti lasciano aperta, facendoti rabbrividire. Quel freddo mattutino che ti obbliga a tenere le mani in tasca per evitare di cominciare a sentire male alle punta delle dita. L’unico modo per stare un po’ al caldo è camminare a passo svelto. Ed era esattamente quello che facevo. Yuki, Camilla e Anthea anche loro trotterellavano nei campi alla ricerca di odori a me sconosciuti. Ogni tanto una corsa dietro un animale invisibile e poi di nuovo con il naso a terra alla ricerca di altro. Li guardavo muoversi con eleganza su un terreno che a me rendeva goffo quando con la coda dell’occhio intravidi un airone bianco che volteggiava sopra di noi. Da quando abito in questa zona li ho visti innumerevoli volte ma per un qualche motivo questa volta era diverso. Rimasi con gli occhi fissi su di lui. Sembrano planare nell’aria. I movimenti delle ali sono impercettibili, come se andassero al risparmio. Incassano la testa nel corpo e le zampe si allineano perfettamente al resto del corpo come a cercare l’aereo dinamicità ideale. Si dirigeva verso l’ansa di un grosso canale che costeggia i campi intorno a casa. Immaginavo volesse atterrare in quel punto perchè altre volte l’avevo visto volteggiare in quella zona, ma era troppo in alto per poter atterrare, o almeno era quello che pensavo io. Arrivato sul punto prestabilito le sue ali si piegarono a formare due grandi U e in una qualche maniera riuscì a scendere quasi in verticale esattamente dove voleva atterrare. Rimasi estasiato da tanta eleganza e semplicità. Come era possibile che in svariati anni che ho vissuto qui non ci avessi mai fatto caso. D’improvviso comincia a guardare quello che avevo intorno con occhi diversi. Non si trattava di una qualche sorta di illuminazione. Semplicemente mi ero accorto che la mia mente era sempre stata rivolta verso questi animali “esotici”, cervi, caprioli, cinghiali che non osservavo veramente quello che avevo intorno. E non solo verso animali, ma anche verso i boschi che potevo vedere solo ogni tanto, verso paesaggi e rumori che non facevano parte del mio quotidiano. Ero talmente proiettato su quello che avrei voluto che mi perdevo quello che già avevo. Durante quella passeggiata continua ad osservare quello che avevo intorno. Mi inoltrai in piccoli boschetti ai margini dei campi utilizzati come aree di ripopolamento e mi ritrovai in quei boschi che tanto desideravo avere vicino casa. Certo in miniatura ma pur sempre boschi. Cominciai a fare più caso alle tracce degli animali che vivono intorno a noi, dalle nutrie alle lepri a qualche sporadica volpe e istrice. Non erano più solamente qualcosa di sfondo ma qualcosa che stimolava la mia curiosità e il mio interesse, volevo saperne di più. Così cominciai a mettere una fototrappola nei punti in cui pensavo ci fosse più possibilità di catturare qualche immagine di questi animali che vivono intorno a noi. Puntai subito sul facile per prendere dimestichezza con lo strumento e non andare in frustrazione e misi la fototrappola vicino a delle tane di nutria. I risultati non tardarono ad arrivare e misi su un quantitativo di minuti video non indifferente. Le nutrie ad un certo punto però mi avevano un po’ stancato così comincia a cercare altri luoghi da riprendere e il lavoro continua ancora oggi. Altri animali sono passati davanti a quell’obiettivo, altri ancora non sono riuscito a “catturarli”.

Insieme a Diana, che nel frattempo si è fatta coinvolgere in questa mappatura faunistica del territorio, abbiamo deciso di condividere con voi i nostri sforzi. Questa rubrica nasce con questo intento. Raccontarvi le nostre esperienze con questi animali, darvi qualche nozione etologica e farvi vedere alcuni stralci dei video che abbiamo raccolto.

Questo vuole essere anche un invito per quando passeggiate in campagna, che sia in compagnia del vostro cane, che siate solo o in compagnia della vostra famiglia. Guardatevi attorno, osservate, siate curiosi perchè ovunque voi abitiate c’è tutto un mondo da scoprire.

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