Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia in un’università americana, legge per caso su un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di un cucciolo di lupo, a cui da nome Brenin (“re” in gallese antico). Per undici anni, sarà la presenza più importante nella vita del professore, che seguirà ovunque. E  sarà, soprattutto, una fonte continua di spunti di riflessione e idee filosofiche perché, contrariamente allo stereotipo che ne fa un emblema del male, della ferocia, del lato oscuro dell’umanità, il lupo è per Rowlands metafora di luce e di verità, la guida per un viaggio interiore alla scoperta della propria più intima e segreta identità. La sua natura selvaggia e indomabile, infatti, rivela a chi gli sta accanto un modo di vivere e di fare esperienza del mondo non solo radicalmente diverso da quello degli uomini, ma forse anche più autentico e appagante perché immune da doppi fini, da ogni atteggiamento di calcolo e manipolazione.

il lupo e il filosofo

Mie impressioni

Un libro in cui l’autore attraverso la vita di tutti i giorni con il suo lupo, comincia a vedere la vita stessa da un’angolazione diversa, meno antropocentrica e più lupesca, più naturale. Uscendo un po’ dal punto di vista pratico di gestione e vita comune, ci si inoltra in un mondo fatto di istinti e selvatico. Con il supporto della filosofia  si scende in un viaggio di introspezione in cui l’autore mette in dubbio le sue convinzioni chiedendosi se non valga realmente la pena abbandonare il sentiero della classica ragione e incamminarsi in uno più animale, più libero.

 

Consigli di lettura

Lo consiglierei a chiunque. I passaggi “filosofici” a tratti non sono facilmente digeribili ma comunque interessanti. Ovviamente i proprietari di cani lupi cecoslovacchi o lupi di sarlos lo sentiranno più diretto a loro.

 

 

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