Quando passeggio per Trento con Aran vedo cose che senza di lui non vedrei, sento odori che non sentirei. Lí dove abbassa il muso per annusare guardo anch’io, nella speranza di capire cosa ha attirato la sua attenzione. Sono educatrice cinofila, ma questo non mi concede il privilegio di avere il suo fiuto.

Naso per aria, cerco il nome della via. Mi imbatto in un cartello. Dog Toilet.

“Cosa significa?”, mi chiedo.

Le radici di un albero che crescono tra un parcheggio e l’altro sono state recintate.

Lo steccato misura più o meno 2 metri per lato, è alto circa 50 cm.

Mi fermo, mi chino per aprire il cancello ed entro.

Aran mi guarda strano.

Entra pure lui.

Si siede.

Si guarda intorno.

É perplesso.

Io guardo il cartello che raccomanda di raccogliere le deiezioni e di non togliere il guinzaglio.

E’ ancora fermo, muove il naso alla ricerca di qualcosa di interessante.

Una signora con un cagnolino in braccio ci chiede se abbiamo finito.

Le rispondo di sì, faccio un cenno ad Aran di seguirmi e lui, sollevato, con un piccolo saltello sguscia fuori dalla Dog Toilet.

Mentre mi allontano mi viene un’idea e torno indietro per chiedere alla signora se il suo cane, a differenza del mio, apprezza e davvero fa i bisogni li dentro.

La signora, un po’ stupita dalla mia domanda, mi dice di no, non li fa, ma non può fare altrimenti perché il suo vicino si è lamentato dei segni della pipì del suo Benny sui muri del condominio. Tocca caricarlo in braccio e riportarlo a casa dove la farà sulla traversina.

“Ok, grazie signora, buona serata.”

Come un architetto pensa alla funzionalità dei nuovi edifici della sua città, così pure l’educatore cinofilo, immaginandosi il mondo con gli occhi del cane, si chiede cosa possa suscitare in lui la vista di una Dog Toilet.

Così (lo giuro sono una persona normalissima) decido di tornare l’indomani per cercare di capire chi è ad usufruire del bagno pubblico.

Arriva una signora sulla cinquantina con un alano che, con noncuranza, scavalca il recinto, fa pipì e se ne va. Dopo poco passano due ragazzi con un pitbull. Quasi senza fermarsi il molossetto la fa sul cancello e se ne trotterella via.

Arriva la signora con il piccolo Benny. E’ stressatissima. Ha perfino portato la traversina nella speranza che la faccia li.

Speriamo non mi noti.

Mi prenderebbe per matta.

Torno in macchina da Aran che, subodorata la puzza di giretto noioso  e di freddo, si è rifiutato di scendere.

Mettiamo in moto, attraversiamo il ponte e in 5 minuti siamo nel bosco.

Mi piace guardarlo correre, mi piace vederlo mettere in atto tutti quei comportamenti che sono suoi, legati alla sua personalità. Vedo la gioia nel perlustrare, nell’incontrare gli altri cani, nello scegliere con cura il luogo dove fare i bisogni.

In quel momento ho preso nota: “fissare un appuntamento con chi ha creato la Dog Toilet”, parlargli del cane, o anche mostrargli una foto di tutti i personaggi che ho incontrato durante questo esperimento, mostrargli che quel recinto sembrava servisse più a noi che ai nostri cani.”

Perchè, è vero, noi ci vediamo la speranza di una città pulita ma i cani sembrano vederci qualcos’altro.


Se volete leggere altri racconti di Claudia, visitate il suo Blog

Lascia un commento