Il Pastore Tedesco, IL CANE…di una volta!

“Per comportamento e carattere, il Pastore Tedesco deve essere ponderato, ben equilibrato e sicuro di sé, del tutto innocuo (a meno che non sia provocato), vigile e docile. Deve essere coraggioso, forte di carattere e istintivamente pronto alla lotta. Queste qualità ne fanno un ottimo soggetto da compagnia, ma anche un buon cane da guardia e da difesa o da pastore.(…)”

Ok, senza fare di tutta l’erba un fascio e pur riconoscendo l’esistenza del Commissario Rex e di RinTinTin, diciamo che chi oggi si trova ad avere a che fare con un Pastore Tedesco subisce la frustrazione dell’essersi portato a casa un cane che, tante volte, non è così “da famiglia” come ce lo raccontano.

Essendo io stessa compagna di vita di un simpatico esemplare di 6 anni, emotivamente instabile ma esteticamente bellino, mi permetto di dire che, negli anni, l’allevamento di questa, come di tante altre razze, ha cambiato radicalmente obiettivi, puntando sempre più sulla selezione di esemplari da esposizione con grandi caratteristiche estetiche (colori impeccabili, mantello folto, code utili per le pulizie dei pavimenti) ma, ahinoi, poche doti sociali, che ne facevano “IL cane” per eccellenza, consigliato per bambini, casa, giardino, forze dell’ordine, anziani, pubblicità e film!

La frase più ricorrente, quando si conosce un proprietario di P.T. è “ne ho sempre avuti, ma questo è proprio zuccone! Quello di prima, invece, buonissimo, potevi fargli di tutto, i miei nipotini addirittura lo cavalcavano!”, tralasciando le esperienze di vita dei bisnonni dei nostri amici, come dargli torto! Non perché Rex sia, di per sé, davvero uno zuccone, quanto perché il nostro stile di vita, unito ad esigenze di marketing (la bellezza tira, c’è poco da fare!), sono cambiati in modo radicale.

Per raccontarvi un po’ il mio punto di vista sul cambiamento, voglio portarvi la mia esperienza…

Il mio primo Pastore Tedesco, Kelly (a mia madre piaceva Beverly Hills) era una vera e propria compagna di esperienze, socievole, docile, libera. Eh sì, libera, perché per chi viveva in campagna come me quasi 30 anni fa, il box, la catena o le recinzioni non esistevano, e lei stava lì, in cortile, a monitorare me e gli altri animali (gatti, conigli, porcellini d’india)  che scorrazzavamo. Sulla strada, lo ammetto, poco trafficata, passavano dal ciclista della domenica al cane del vicino, ma lei conosceva bene gli spazi, conosceva bene i suoi confini e non le interessava andare oltre perché il suo gruppo era lì, lei aveva un compito, e quel compito le riusciva bene.

Poi arrivò Kalì, un po’ imbastardita, ma pastora. Lei viveva per il sociale, lo stare con gli altri le piaceva. Aveva uno spiccato senso del controllo (con grazia, sia chiaro) e dell’accudimento, partecipava ai miei compleanni, alle scorrazzate nei campi con le sue amiche Kira I e Kira II. Mai vista l’ombra di un bocconcino. A lei piaceva stare in compagnia, ma il postino non le andava molto a genio.

Poi arrivò La Tina, piccola di stazza, ma carina. Con La Tina feci il mio ingresso in società. Si perché avevo l’età in cui inizi a spostarti verso le zone abitate con gli amici del paesello e lei veniva con me. Conobbi il guinzaglio e iniziai ad instaurare con lei qualcosa che non era solo libertà ma cooperazione, muoversi insieme e frequentare spazi ristretti. A lei piacevano gli altri, se gli altri erano ospiti in casa, se stavano fuori ad occupare il suolo erano da allontanare, se avevano una palla erano da braccare, se erano cani con una palla non erano più amici. Gli altri cani del cortile erano simpatici solo se non venivano a ficcare il naso nella sua cuccia e in generale mostrava quella fragilità data dall ’inesperienza (mia e nostra).

E poi eccolo. Iago. Purissimo, bellissimo, sfigatissimo. Così, per raccontare un aneddoto, l’ho scelto perché mi ha morso. Iago è per me l’emblema dell’emotività, quella che si fatìca a gestire, quella che mette in crisi i rapporti, che ti chiude in un senso di infedeltà. Fragile, poco sicuro, i nostri anni insieme sono stati faticosi, isolanti, a tratti tristi. Non nego che avevo grandi progetti per lui e per noi, tante idee e tanto lavoro da fare…troppo! Ecco allora che commetti un errorino, poi un altro, poi un altro, e quel Pastore Tedesco “ponderato, ben equilibrato e sicurò di sé”, incarnato in un cucciolino di pochi mesi, inizia a vacillare. Le sue sicurezze e le tue crollano e la relazione inizia a scricchiolare.

Questo non per stereotipare una razza, non per banalizzare il lavoro delle famiglie e di chi le segue, anzi! Ma per dirvi che quando sento “vorrei un Pastore Tedesco”, la mia risposta, data dalla mia personalissima esperienza sarebbe “PERCHE’??”

E vorrei dirglielo, che quel Cane vorrà condividere momenti, esperienze, emozioni, magari la sua fragilità, magari il suo trovarsi in un corpo grandegrossoenero e sentirsi un barboncino toy, magari avrà anche bisogno di definire un ruolo di spicco nel gruppo e non sarà forse facile lasciarglielo fare…

Ma la risposta che do, nella realtà è:

“sei pronto a vivere un’esperienza unica?”

Io e Iago in fondo siamo ancora qua. A prenderci poco sul serio e a raccontare storie leggendarie, a “pulire” la quotidianità , a togliere ed eliminare e tornare al saggio –dolce far niente- dei cani di campagna di 30 anni fa, che da fare avevano un sacco, ma non lo davano a vedere.

Nota: non me ne vogliano allevatori e proprietari innamorati (come me) della razza, il testo vuole essere un simpatico racconto di un’esperienza personale, soggettiva e, spero, irripetibile.

Lascia un commento